Dal Diario di Bruno:
Sabato, 24 Luglio ’99. Delhi – Manali; 18h di bus, 550 km
Alle 6.30 , con circa un’ora di ritardo, atterriamo all’aeroporto di Delhi. Recuperati i bagagli e sbrigate le formalità doganali usciamo dall’aeroporto. Qui troviamo ad attenderci il nostro pulmino per affrontare subito i due giorni di viaggio che ancora ci separano da Darcha, inizio del nostro trekking. Attraversiamo la periferia di Delhi in mezzo ad un traffico caotico e accompagnati da un caldo umido asfissiante. Subito incontriamo i primi segnali della povertà che ci accompagneranno per tutto il nostro cammino e che in questo caso sono rappresentati da infinite tendopoli poste nei bordi della strada, dove vivono i meno abbienti. Appena fuori della città il tempo migliora ed esce il sole. Il viaggio si rivela lungo e stancante. Finalmente, dopo la mezzanotte, raggiungiamo Manali e frettolosamente ci sistemiamo in hotel.
Domenica, 25 Luglio ’99. Manali (2.000mt) – Jispi (3.350mt); 8h di Bus, 139 km
Manali è una ridente cittadina turistica posta a 2000 metri di altitudine nella Kullu Valley ed è circondata da verdi boschi di conifere. Nel suo centro puoi trovare negozi e mercatini dove è possibile fare shopping e incontrare gente. Trascorro la mattinata gironzolando per il suo centro gremito di gente. Patrizia e Beppe stanno acquistando altri viveri che, in aggiunta a quelli portati dall’Italia, necessiteranno durante il trekking: sacchi di patate, riso e verdure varie si aggiungono a spaghetti, tonno, formaggi, salumi, marmellate, miele e biscotti. Una scorta viveri sufficiente a coprire i 19 giorni di trekking che ci aspettano. La giornata è splendida con un caldo sole. Alle 13.00 riprendiamo il nostro bus e partiamo alla volta di Jispi. La strada in alcuni punti è da mozzafiato: non asfaltata, stretta e strapiombante. Dopo 3h siamo al Rothang Pass (3.980mt) 51 km, dove ci fermiamo per una breve sosta. Purtroppo c’è una nebbia che impedisce di vedere il panorama e fa freddo. Ripresa la via scendiamo nella Lahaul Valley. Il paesaggio muta drasticamente, le verdi montagne che caratterizzavano la Kullu Valley sono sostituite, da montagne brulle. Passiamo nel mezzo di minuscoli villaggi circondati da campi di orzo e patate. La strada costeggia il fiume Bhaga. Nel villaggio di Khoksar, dopo 20 km, c’è un check point militare. Con l’occasione mangiamo qualcosa presso un caratteristico ristorantino. Alle 21.00 ci fermiamo a Jispi in un rifugio, a circa 6 Km da Darcha, dove passiamo l’ultima notte sotto un tetto. Domani finalmente inizieremo a camminare. La serata è bella: il cielo è ricoperto di stelle.
Lunedì, 26 Luglio ’99. Jispi (3.350mt) – Darcha – Palamo (3.700mt); 4.3h di cammino, 20 km
Al mattino conosciamo il nostro cuoco-guida, Hary, e i 4 cavallanti che, insieme a 15 cavalli per il trasporto dei viveri e bagagli, ci accompagneranno per tutto il trekking. Sembrano molto giovani. Non hanno bagagli e le uniche cose che possiedono solo quelle che indossano: pantaloni leggeri, una t-shirt, una felpa, un k-way e alcuni portano dei stivali di gomma, altri delle scarpe sportive e uno delle semplici ciabattine infradito. Mi fermo a riflettere e rivolgo lo sguardo verso il mio voluminoso bagaglio. La giornata è splendida con un caldo sole e un cielo terso. Patrizia, la nostra coordinatrice, ci raduna e dice: "Ragazzi, volendo il pulmino ci può condurre sino a Darcha. Gli altri gruppi sono partiti a piedi da qui. Noi cosa vogliamo fare?". Non contenti di tutti i Km che ci aspettano la risposta è stata unanime: "Partiamo da qui anche noi!!!". Non so se ne eravamo proprio convinti o se nessuno di noi ha voluto mostrare segni di debolezza. Sicuramente potevamo risparmiarci quei 6 Km di strada sterrata continuamente percorsa da colonne di veicoli militari e autocarri civili, che al loro passaggio sollevavano nuvole di polvere. Comunque anche questo fa parte dell’avventura. Mentre i cavallanti caricano i cavalli, noi ci avviamo lentamente a piedi, e dopo poco più di un’ora arriviamo finalmente a Darcha, punto di partenza dello Zanskar trek. Darcha è un piccolo villaggio, situato a 3400 metri di altitudine, formato da qualche casa, costruita come la maggioranza delle dimore Ladakhe in pietre tenute assieme da argilla, sterco e imbiancate di calce, e da piccoli negozietti sistemati sotto tende-paracadute militare, in cui si può trovare un po’ di tutto. Inoltre anche qui c’è uno dei tanti posti di controllo militari. Una volta arrivati i nostri cavallanti e concordato con loro il prossimo posto di tappa, finalmente riusciamo a partire per il trek, sono le 11.00. Il sentiero parte deciso per 100mt, dietro i negozietti a lato della camionabile, e risale la riva sx del fiume in alto. Si passa tra prati di erba, dove troviamo delle donne intente a raccoglierla. Poi camminiamo su una strada in costruzione fino a giungere al villaggio di Rari, ore 12.30. Qui decidiamo di fermarci per il pranzo sotto dei salici. Fa molto caldo e il sole scotta (T=27°C). Ripartiamo alle 13.00. Poco dopo attraversiamo un secondo villaggio, Cikak. Poco oltre troviamo un ponte sospeso nel vuoto e formato con tronchi di legno, dove sotto scorre il fiume impetuoso (bel canyon). Passiamo sulla riva dx del fiume. A questo punto ci sono una serie di semplici guadi da attraversare. Alle 15.00 arriviamo a Palamo. La tappa è corta e semplice, ma è meglio salire in quota lentamente per una migliore acclimatazione. Il camping è bello: prato inglese con un ruscello che scorre nel mezzo e c’è una tenda paracadute come the house. Piazzato il campo gironzoliamo fino all’ora di cena. Angela, la nostra figlia dei fiori, presa dall’entusiasmo della calda giornata si mette addirittura in costume e fa il bagno nel fiume… dopotutto si era iscritta ad un viaggio di mare e si è ritrovata in un viaggio trek in quota. La serata è bella con un cielo stellato, si vede una luminosissima via lattea (T=12°C).
Martedì, 27 Luglio ’99. Palamo (3.700mt) – Jankarsumdo (4.000mt); 3.3h - 14 km
Sveglia ore 8.00 (T=10°C), colazione e poi partiamo alle 9.30. Tappa breve e monotona. Il sentiero scorre lungo la riva dx del fiume su una pietraia in un continuo sali scendi. Il sole scotta e fa molto caldo (T=27°C). Poco prima del camping c’è un primo guado impegnativo e poi altri ruscelletti meno difficoltosi da affrontare. Arriviamo alle ore 14.00. Il camping è discreto ed è situato nel mezzo di un’ampia vallata: fondo erboso con qualche sasso, purtroppo la sorgente è secca e dobbiamo prendere l’acqua al fiume lì vicino, anche qui c’è una the house. Noto molta sporcizia in giro, segno del passaggio di turisti. Beppe, Giovanna ed io decidiamo di perlustrare un tratto del sentiero che ci aspetterà domani. Attraversiamo il ponte sospeso sull’impetuoso fiume e ci inerpichiamo per la ripida via. Ore 20.00 T= 13°C. Qualcuno di noi inizia ad accusare un forte mal di testa e si fa fatica a dormire.
Mercoledì, 28 Luglio ’99. Jankarsumdo (4.000mt) – Chuminakpo (4.600mt); 4.3h – 15 km
Sveglia ore 7.30 (T=8°C), colazione e poi partiamo alle 9.00. Il cielo è velato da qualche nuvola. Attraversiamo subito il ponte sospeso costituito da travi di legno, sassi e tenuti insieme da una rete metallica (sarà il più impegnativo del trek). I cavalli dimostrano qualche reticenza nell’attraversare il ponte e tre di loro si rifiutano categoricamente. Vengono scaricati del bagaglio, che viene trasportato manualmente, e vengono fatti guadare a nuoto. La corrente è molto forte ed impetuosa, ma per fortuna riescono a toccare la riva opposta. Da questo punto il sentiero inizia a salire decisamente per 150 mt, dopodiché, costeggiando la riva dx del fiume, percorrere diversi sali scendi a mezzacosta. La via è una pietraia. Alle 12.30 ci fermiamo per il pranzo. Nel corso della giornata il tempo peggiora e il cielo si copre completamente di nuvole minacciose. Ripreso il cammino attraversiamo due torrenti. Alle 14.30 siamo al nostro 3° campo: Chuminakpo. E’ il campo più in quota di tutto il trek. Il camping è sufficiente: falsi piani erbosi con molti sassi e terreno duro, la sorgente e il fiume sono lì vicini. Purtroppo siamo avvolti da una fitta nebbia e non riusciamo a vedere il paesaggio circostante. In prima serata si scatena un violento nubifragio costringendoci a ritirarci nelle nostre tende (T=11°C).
Giovedì, 29 Luglio ’99. Chuminakpo (4.600mt) – Lakong (4.450mt); 7h – 15 km
Alle 4.00 smette di piovere. Ci alziamo alle 6.30 (T=7°C), colazione e poi partiamo alle 8.00 alla volta del mitico passo. Il paesaggio circostante è ancora avvolto da una fitta nebbia. Dopo 1h arriviamo al campo di Ramjak (piccolo e pietroso). Il sentiero sale dolcemente per circa 400mt, poi gli ultimi 100mt si fanno più impegnativi. Poco prima del valico inizia a scendere una fastidiosa leggera pioggerella. Lungo il sentiero non troviamo neve, ma camminiamo su pietre irregolari e scivolose. Alle 12.00 siamo al passo Shingo La (5.090mt T=3°C), segnalato dalle classiche bandierine di preghiera. Breve sosta con classica foto di gruppo e poi lunga discesa scivolando su diversi nevai e guadando alcuni ruscelli. Siamo entrati nella valle dello Zanskar. Costeggiamo lungamente il torrente fra distese di erba, fiori e stelle alpine. Alle 15.00 giungiamo al campo di Lakong. Il camping è discreto ed è situato in una grande vallata: terreno erboso con molti sassi, la sorgente e il fiume sono nelle vicinanze, e c’è anche una the house. Per fortuna ha cessato di piovere e possiamo preparare tranquillamente le tende. Cerchiamo di far asciugare le nostre cose, ma è tutto inutile, c’è una forte umidità. Siamo molto stanchi e ceniamo presto in modo da poterci ritirare nelle nostre tende (T=9°C). A mezzanotte si scatena un altro violento nubifragio.
Venerdì, 30 Luglio ’99. Lakong (4.450mt) – Kargiakh (4.100mt); 6h - 17 km
Alle 3.00 smette di piovere. Sveglia alle 6.30 (T=6°C), colazione e poi partiamo alle 8.00. Le nuvole si sono alzate e le varie cime che ci circondano sono piene di neve fresca. Anche la strada percorsa il giorno prima è ricoperta di bianco. Se oggi avessimo dovuto superare il passo Shingo-la, avremmo certamente incontrato la neve, ma per fortuna ci siamo già passati. Superiamo subito un ponte di legno e poi guadiamo diversi ruscelli. Camminiamo lungo la valle del fiume Kargiakh costeggiandolo sulla riva destra. Il sentiero è bello, facile e si sviluppa in un falso piano. Inoltre è ricco di fiori di colore azzurro, rosa e giallo, e le montagne iniziano a mostrare i colori tipici dello Zanskar: il viola e il verde. Camminiamo sotto una fastidiosa pioggerella che si alternerà con momenti di sereno. Poco prima del villaggio di Kargiakh incontriamo vari muri mani e chorten (decisamente suggestivo) che ci danno il benvenuto nello Zanskar! Alle 14.00 siamo al villaggio, lo attraversiamo e in una the house troviamo una "camera" iperbarica (incredibile). All’interno c’è un nepalese che sta male a causa della quota. Il campo è 1/2h oltre il villaggio. Il camping è buono: bel prato erboso, vicino al fiume ed alla sorgente. Dopo aver piazzato il campo, insieme alle ragazze del gruppo ed a Beppe andiamo a visitare il paese. Troviamo molti bambini piccoli e donne, gli uomini con i ragazzi più grandi sono negli alti pascoli con gli yak. Le persone sono molto ospitali e ci offrono il loro cibo e il classico tè tibetano. Ritornati al campo ceniamo e poi a nanna (T=10°C). In serata riprende a piovere.
Sabato, 31 Luglio ’99. Kargiakh (4.100mt) – Purne (3.745mt); 7.3h - 24 km
Sveglia alle 6.30 (8°C), colazione e poi partiamo alle 8.00. La giornata è bella con uno splendido sole. Proseguiamo costeggiando il fiume. La valle che attraversiamo è disseminata da innumerevoli chorten e reliquie religiose. Arriviamo al villaggio di Tanzi dopo 3h e ci fermiamo presso un the shop, 1/2h. Il villaggio è caratteristico e ci sono molte donne nei campi intente a lavorare. Riprendiamo il cammino in un continuo sali scendi, e attraversiamo il fiume al II° ponte portandoci a mozza costa sulla sponda sinistra. Dopo 1,3h incontriamo un altro villaggio: Karu. Passiamo altri due villaggi: Tetha e Jal. Dopo Jal c’è una ripida discesa di sabbia, attraversiamo un ponte di legno, e poi una ripida salita ci porta fino a Purne. Alle 16.40 siamo al campo La tappa di oggi è stata molto bella dal punto di vista paesaggistico, lunga ma non faticosa, e abbiamo camminato senza grandi dislivelli. Qui ci fermiamo per due notti. Il camping è buono: bel prato erboso vicino al ruscello ed alla sorgente, c’è una guest house, ristorante e un the shop. Si può comprare biscotti, bibite e scatolame. Alle 19.00 inizia di nuovo a piovere. Ceniamo nella tenda cucina, che purtroppo comincia ad avere delle infiltrazioni. Alle 21.00 andiamo a dormire (T=11°C).
Domenica, 1 Agosto ’99. Purne – Phuktal – Purne; 4h - 12 km
Oggi non smontiamo il campo ma facciamo una deviazione dal tragitto principale per andare a visitare il monastero di Phuktal. Lasciati i cavalli a Purne seguiamo il sentiero che parte proprio sopra il camping e costeggia il fiume Tsarap. La via scorre in una splendida gola. Il sentiero è una pietraia ed in alcuni punti c’è pericolo di frane. Dopo circa 1 ora e ½ giungiamo ad un piccolo affluente dello Tsarap con una magnifica cascata. Attraversiamo un ponte e, con una piccola salita di circa 15 minuti, raggiungiamo un pianoro con un chorten. La via svolta bruscamente a sinistra e Phuktal ci si presenta come una visione mozzafiato: una lunga fila di muri mani e di chorten conducono al monastero arroccato su una parete rocciosa, sotto una grotta naturale in una posizione fantastica. Sembra un alveare. Nella grotta vi è un pozzo nel quale il livello dell’acqua si mantiene sempre costante, anche se ne viene prelevata una considerevole quantità. Quest’acqua è famosa per le sue proprietà terapeutiche. Nel monastero vi è anche una tavola di pietra lasciata da Alexander Cosma de Koros, un ungherese che ha visitato il Tibet ed è vissuto qui nel 1826-27. Il monastero di Phuktal è uno tra i più spettacolari dello Zanskar. Phuktal appartiene alla tradizione dei Gelupas (monaci dal berretto giallo) e qui vivono circa 70 persone. Nel tardo pomeriggio si scatena un altro temporale. Ci rifugiamo nella tenda cucina… speriamo che tenga. Cena e poi a nanna (T=11°C). Molti di noi accusano sintomi influenzali: tosse, raffreddore e mal di gola.
Lunedì, 2 Agosto ’99. Purne (3.745mt) – Pipula (3.850mt); 5h - 15 km
Verso mattina smette di piovere. Al risveglio ci aspetta un’amara sorpresa: 5 cavalli sono scappati e i nostri cavallanti li stanno cercando. Patrizia non si fida a partire e rimaniamo a Purne fino a quando non li ritrovano. La giornata è bella e il cielo è terso. Solo alle 12.30 riusciamo a metterci in viaggio. Ritorniamo sul sentiero per Jal e attraversato di nuovo il ponte di legno riprendiamo la via svoltando a dx. Il cammino è una pietraia polverosa e rimane a mozza costa seguendo il fiume Tsarap sulla riva sx. In molti punti c’è pericolo di frana. Attraversiamo vari villaggi: Cha, Kaydang e Hamuni. In quest’ultimo ci fermiamo 1/2h presso un attrezzato the shop. Fa molto caldo. Il panorama è suggestivo. Poco dopo il the shop c’è una ripida discesa con una conseguente ripida salita. La via continua a costeggiare il fiume nella parte bassa, all’interno di un canyon. Alle 18.00 giungiamo al campo di Pipula. Il camping è brutto, piccolo e incassato. Il terreno è duro e pieno di pietre e siamo vicinissimi al fiume (il frastuono è assordante). C’è una piccola sorgente e un the shop. Decidiamo di accamparci qui anche se è molto brutto, ma purtroppo è tardi per proseguire e il prossimo camping è a Ichar, che dista circa 1.30h. Ceniamo e poi tutti a nanna (T=13°C). Questa sarà la prima notte che non pioverà dopo vari giorni.
Martedì, 3 Agosto ’99. Pipula (3.850mt) – Reru (3.600mt); 5.3h - 16 km
Sveglia alle 6.30 (T= 11°C), colazione e poi partiamo alle 8.00. Il tempo è incerto, il cielo è velato da qualche nuvola. Ci rimettiamo sul sentiero in un continuo sali scendi fino ad arrivare ad un ponte di legno e ferro, dopo 1.15h. Lo attraversiamo e visitiamo il villaggio di Dorzog. Il piccolo nucleo di case è caratteristico, in particolare la sala di preghiera e i vari chorten. Ripartiamo alle 10.30 seguendo il sentiero sulla sponda dx del fiume Tsarap e dopo 45 minuti arriviamo al villaggio-fortezza di Ichar. Lo visitiamo accompagnati da innumerevoli bambini. Alle 12.00 ripartiamo e attraversiamo campi di orzo rimanendo in quota rispetto al fiume sottostante, sempre sulla riva dx. La via è panoramica e spettacolare. Alla confluenza di un altro fiume si scorgono in lontananza i verdi prati di Reru. Il sentiero scende decisamente per poi, dopo aver attraversato un ponte di legno nuovo, risale per altri 200mt. Il camping rimane alle spalle del villaggio in posizione elevata. Alle 15.00 siamo al campo. Il camping è ottimo: bel prato inglese con nel mezzo un laghetto (attenzione che al mattino il livello dell’acqua sale), sorgente e torrente nelle vicinanze; posto tranquillo. La temperatura è gradevole e un bel sole ci riscalda. Ne approfitto per far asciugare le mie cose e fare il bucato. Angela accusa forti dolori alle ginocchia (infiammazione), il giorno dopo proseguirà a cavallo. Ceniamo sotto uno spettacolare cielo stellato (T= 13°C).
Mercoledì, 4 Agosto ’99. Reru (3.600mt) – Padum (3.650mt); 4.3h - 22 km
Sveglia 6.30 (T= 11°C), colazione e poi partiamo alle 7.45. Il tempo è bello con un caldo sole. Dopo circa 45 minuti arriviamo al monastero di Mune. Riusciamo ad assistere alla funzione del mattino. Alle 9.30 ci incamminiamo su una strada sterrata in costruzione. C’è molta polvere e la giornata è afosa, la via è monotona. Dopo circa 2h arriviamo al monastero di Bardan, situato sopra una piccola altura su un’ansa del fiume. Bardan dista 12 km da Padum. Qui ci fermiamo per il pranzo. Alle 13.00 ci rimettiamo in cammino e dopo 2h giungiamo a Padum. La via è piana. Arrivati in città bevuta generale per festeggiare la fine della prima parte del trek. Padum è la capitale dello Zanskar, piuttosto brutta, ma situata su un bellissimo altopiano, in riva al fiume Zanskar ad un’altezza di 3650 metri. È collegata mediante una strada carrozzabile a Kargil, Leh e Srinagar. Sono presenti numerosi hotel e ristoranti, l’ufficio postale, il posto telefonico pubblico e numerosi negozi. In questo freddo ed inospitale altopiano vive gente semplice il cui unico sostentamento è rappresentato da orzo e piselli, le uniche colture che crescono a questa altezza. La loro sola ricchezza è data dai greggi di pecore e capre oltre ai famosi cavalli dello Zanskar. Con l’eccezione di Padum, dove il 40% della popolazione è mussulmana, gli abitanti di questo altopiano sono Buddisti. Posto il campo a circa 1 Km dalla strada per Kargil, visitiamo il paese e compriamo il necessario per il proseguimento del trekking. La situazione è tranquilla e non si notano tensioni o movimenti di truppe strani. Angela decide di proseguire da sola, prendendo l’autobus fino a Leh. Il bus parte da Padum alle 5.00 e arriva a Kargil verso mezzanotte. La mattina seguente riparte verso Leh, dove arriva nel tardo pomeriggio (sempre a secondo delle condizioni della strada). Tutti insieme mangiamo alcune prelibatezze locali, come i classici momo (molto buoni) nella tenda cucina. In serata esce una splendente stellata (14°C).
Giovedì, 5 Agosto ’99. Padum (3.650mt) – Pishu (3.400mt); 0.5h truck+4h di cammino, 27 km
Troviamo un autocarro che ci porta sino al villaggio di Karsha, situato sulla sponda opposta dello Zanskar e collegato a Padum da una strada sterrata, facendoci così risparmiare circa 2 ore di monotono cammino. Il sole splende alto e il cielo è blu cobalto. Il monastero sovrasta il villaggio offrendo una magnifica vista sulla vasta valle di Padum, racchiusa da spettacolari montagne. Si possono ammirare due imponenti picchi: Nun e Kun, rispettivamente di 7135 e 7076 metri. Alle 10.30 ci immettiamo lungo il sentiero sabbioso e polveroso. Il paesaggio circostante è molto bello, ma crudo. La tappa odierna, più che un trekking nella catena Himalayana, assomiglia ad una attraversata nel deserto. Camminiamo su una pista senza un albero e l’unica ombra che troviamo è quella di qualche grosso masso. Il sole è cocente e la temperatura supera sicuramente i 30 gradi. Dopo 2h siamo a Rinam, dove incontriamo 2 the house. Sosta per il pranzo. Ripartiamo costeggiando il fiume Zanskar sulla sponda sx. Dopo 2h giungiamo al villaggio di Pishu. Gironzoliamo per le viuzze e oltrepassata l’ultima casa scorgiamo un bel campo verde: la nostra meta. Il camping è ottimo: un bel prato inglese con sorgente e fiume vicini e c’è una the house. Data la bella giornata decidiamo di fare il bucato e il bagno generale, poi relax. La serata è bella con una magnifica stellata (17°C).
Venerdì, 6 Agosto ’99. Pishu (3.400mt) – Hanumil (3.200mt); 4.3h - 17 km
La giornata è bella con un caldo sole e il cielo terso. Il sentiero è facile con continui sali scendi costeggiando il fiume Zanskar. Dopo 2h attraversiamo il villaggio di Pidmo. Lungo il tragitto ci fermiamo varie volte a bere. Arriviamo a Hanumil alle 13.00. Tappa non difficile con dei bei paesaggi. L’unica difficoltà è rappresentata da un guado piuttosto lungo effettuato a piedi nudi su pietre aguzze, poco prima del campo. Da domani si ricomincia a salire. Il campo è ottimo: bel prato d’erba ricoperto da stelle alpine e circondato da salici, c’è una the house, fiume e sorgente vicini. Nel pomeriggio gironzoliamo nei dintorni e poi relax generale. La serata è bella e calda (T = 20°C).
Sabato, 7 Agosto ’99. Hanumil (3.200mt) – Snertze (3.800 mt); 5.3h - 16 km
Continuiamo a seguire il corso del fiume Zanskar sulla riva sx, con continui sali scendi per 1.3h Dopodiché la valle si stringe sempre di più e si inizia a salire verso il passo Purfi La (3.900mt). Gli ultimi 300 mt sono ripidi, ma agevolati da strette serpentine. Arriviamo al valico in 3h. Ci fermiamo ad ammirare il paesaggio circostante. Alle 11.00 riprendiamo il cammino lungo una discesa vertiginosa (a metà via c’è una cannella per l’acqua), dove perdiamo quota velocemente (500mt). Dopo 45 minuti arriviamo ad un ponte sul fiume Oma-Chu e ci fermiamo per una breve sosta sotto dei bei salici all’ombra. Fa molto caldo. Da questo punto il sentiero risale ripidamente. La via è polverosa ed esposta con strapiombi impressionanti, in particolare l’ultimo tratto si affaccia su un canyon di cui non si vede il fondo. Dura salita di 400 mt in 1h. Arrivati in cima ci immettiamo nel vallone dello Hanuma, raggiunto con un comodo sentiero a mezza costa, che sceso al fiume, conduce al camping tra due baite di terra battuta ed alcune terrazze per le tende. Arriviamo a Snertze alle 13.30. Il camping è brutto: terra battuta con molti sassi, c’è una the house, bel fiume e sorgente vicini. Decidiamo di andare tutti a fare il bagno al fiume. La serata è calda (T=20°C).
Domenica, 8 Agosto ’99. Snertze (3.800mt) – Lingshad (3.800mt); 6.3h - 21 km
Partiamo alle 7.00. Il sentiero parte deciso con continui zig zag lungo il fiume per circa 400 mt, 1h. Attraversiamo anche un ponte di ghiaccio. Poi diventa meno faticoso e la via si stringe sempre di più nello stretto vallone. Vediamo alcuni stambecchi. Dopo 2h incontriamo una casa adibita a the house. Arriviamo al passo Hanuma La (4.700 mt) alle 10.30; sviluppo 900 mt in 3.3h. Ci fermiamo a mangiare qualcosa. Da qui si gode una vista magnifica sulla splendida vallata di Lingshad. Si intravede in lontananza il monastero e il villaggio con le sue verdi terrazze. Il tutto è circondato da picchi dolomitici di incredibile colore. E’ uno dei più bei paesaggi del viaggio. Il sole è velato da qualche nuvola, ma caldo. Alle 12.00 ripartiamo lungo la ripidissima discesa che conduce al torrente; 1.000 mt in 45 minuti. Risaliamo il fiume per 10 minuti, dopodiché prendiamo un sentiero che sale su un costone sulla ns. dx. La tappa è molto movimentata: si sale e si scende per altre 2.3h. Arriviamo al camping alle 15.30, dopo aver attraversato il villaggio di Lingshad. Il campo è brutto: terra battuta e piena di sassi, lì vicino c’è una piccola sorgente e una the house ben rifornita. Però resta di fianco al monastero e gode di una vista splendida sul villaggio. La serata è bella con una splendida stellata (T=18°C).
Lunedì, 9 Agosto ’99. Lingshad (3.800mt) – Marlin (4.450mt); 4h – 17 km
Alla mattina presto visitiamo il monastero. E’ molto bello ed arriviamo mentre i monaci stanno mangiando e meditando nella sala di preghiera. Ci offrono del tè e zampa. Alle 8.30 ci immettiamo sul sentiero proprio alle spalle del camping. La via parte decisa fino a 2 chorten. A questo punto camminiamo su un lungo traverso e poi di nuovo il sentiero si fa ripido fino al passo Margum La (4.100mt), 1h. Da questo valico si vede nitidamente il sentiero che dobbiamo percorrere: una marcata striscia a zig zag risale la montagna dorata di fronte a noi. La giornata è bella ed afosa. Discesa ripida e polverosa fino ad arrivare ad un corso d’acqua, 1h. Attraversiamo due villaggi: Gongma e Skiumpata. Da questo punto il sentiero riparte deciso e saliamo per 500 mt, 1h. Arriviamo al passo Kuba La (3.800mt) alle 12.30 e ci fermiamo per il pranzo. Dopo il passo si procede lungamente in costa fino al grande spiazzo di Marlin, 45 minuti. Ci accampiamo su una splendida balconata contornata da una cornice di colori pastello. Il campo è discreto: terra battuta con sassi, c’è il ruscello e la sorgente vicini e una the house. In serata il cielo si rannuvola ed alle 21.00 inizia a piovere per circa 1h (T= 18°C).
Martedì, 10 Agosto ’99. Marlin (4.450mt) –Photaksar (4.450mt); 6.3h – 23 km
Il cielo è coperto da nuvole e siamo avvolti da una fitta nebbia. La via segue su continui sali e scendi e dopo 45 minuti arriviamo al campo di Gagio (brutto e piccolo). Da questo punto il sentiero inizia a salire costantemente. Solo gli ultimi 100 mt sono più duri, però agevolati da una stretta serpentina. In 1,3h siamo al passo Singe La (5.060mt). La nebbia si è alzata, ma il cielo è sempre coperto. Di fronte a noi si apre una grande vallata circondata da montagne con in cima dei ghiacciai. Lasciamo alle spalle il bacino dello Zanskar per entrare in quello dello Yapola, diretto affluente dell’Indo. Ci fermiamo per 1h. Come al solito una ripida discesa ci attende, 1.000 mt di dislivello. Dopodiché proseguiamo su un falso piano costeggiando il fiume fino a trovare alcuni guadi impegnativi, 1.3h. Attraversati i corsi d’acqua il sentiero ricomincia a salire e scendere fino a raggiungere il passo Boumitse La (4.200mt); l’ascesa è facile. Arriviamo al valico alle 14.00. Nella valle sottostante vediamo diverse marmotte correre da una tana all’altra. La discesa è su un costone laterale a sinistra e poi continua lungo dei falsi piani con qualche piccolo ruscello da attraversare. Dopo 30 minuti siamo al campo di Photoksar. Il camping è ottimo: bel prato inglese con il torrente e la sorgente nelle vicinanze. E’ situato su una splendida balconata che domina il villaggio a strapiombo sul ciglio di un burrone e circondato da spettacolari montagne di colore pastello. Alle nostre spalle troneggia una montagna con in cima un favoloso ghiacciaio. Purtroppo alle 16.00 si scatena un violento temporale per circa 1h. Al termine, appaiono magicamente, due magnifici arcobaleni. In serata il cielo si rasserena ed esce una bella stellata (T=18°C).
Mercoledì, 11 Agosto ’99. Photaksar (4.450mt) – Honupatta (4.150mt); 5h – 15 km
La giornata è bella con uno splendido sole. Il sentiero continua a scendere per altri 200 mt e attraversa alcuni torrenti. Attraversiamo dei campi di orzo e incontriamo molta gente al lavoro. Il villaggio di Photaksar è meraviglioso, arroccato su un piccolo altopiano sopra una parete a precipizio. Dopo circa 1h arriviamo ad un ponte sul fiume, lo attraversiamo, e la via inizia a salire. Poco dopo incontriamo un chorten e il sentiero svolta decisamente a dx, prima in leggera salita poi con strette serpentine fino al passo Sirsi La (4.850mt). In cima ci attende uno spettacolo mozzafiato: una grande vallata costituita da innumerevoli pinnacoli di sabbia dorata si apre dinanzi a noi. Rimaniamo estasiati e ci fermiamo ad ammirare il panorama per 1.3h. Riprendiamo il sentiero costituito da pietre e scendendo vertiginosamente per circa 700 mt. Vediamo molte marmotte: grasse e di pelo scuro. Ci sono vari ruscelli da guadare ed incontriamo un ponte nuovo di legno. Arriviamo alle 13.30 al primo camping di Honupatta (ci sono diversi camping), ma questo è brutto, piccolo e pieno di pietre. Vediamo un bel prato verde sotto di noi vicino al fiume e dopo una lunga discussione con i cavallanti li convinciamo a seguirci. Nel pomeriggio gironzoliamo nei paraggi, bagno al fiume e relax. La serata è bella e calda (T=20°C) e una magnifica luna illumina d’argento il fiume e la valle.
Giovedì, 12 Agosto ’99. Honupatta (4.150mt) – Wanlah (3.400mt); 5.3h – 28 km
Mancano di nuovo tutti i cavalli. Decidiamo di non aspettare il loro ritrovamento, ma di partire ugualmente, la tappa odierna si prospetta molto lunga. Dopo 15 minuti scorgiamo sull’altra parte del fiume il camping principale di Honupatta: affollato di gente e tende. Poco oltre incontriamo le prime case del villaggio. C’è di tutto: hotel, ristoranti e negozi. Meno male abbiamo deciso di fermarci prima. Il sole è velato da qualche nuvola, ma fa molto caldo. Il sentiero costeggia il fiume sulla sponda sx, in basso. Incontriamo diverse carovane di gente e cavalli che si dirigono a Lingshad. Bellissimo il paesaggio nelle gole davanti a noi, caratteristico e suggestivo per i colori, con le diverse tonalità di viola e verde, e le formazioni rocciose. Il sentiero è recente, spesso intagliato sulla viva roccia a picco sul fiume. La via è un continuo sali scendi. Incontriamo un ponte di recente costruzione, ma non lo attraversiamo, proseguiamo sempre a ridosso della roccia procedendo sulla riva sx del fiume. Usciamo a malincuore dalle gole perché dobbiamo abbandonare il magnifico e quasi irreale paesaggio che le caratterizza. La valle si allarga rapidamente ed anche il sentiero si trasforma in una grossa mulattiera. Da questo punto camminiamo su una strada in costruzione fino ad arrivare al villaggio di Phanijla. Bello con i suoi campi di orzo maturo e numerosi alberi di albicocche. La gente è intenta alla mietitura. Decidiamo di fermarci ed aspettare i nostri cavallanti. Fortunatamente arrivano alle 15.00 e così riprendiamo il cammino. Il paesaggio è mutato: tutto intorno a noi alberi e campi verdi o gialli. Sempre lungo la camionabile in costruzione raggiungiamo Wanlah, dopo 1.3h. Il villaggio è grande e ci sono numerosi turisti. Il monastero è arroccato su un costone sopra al paese. Il camping è brutto: terra battuta con diverse pietre. Concordiamo con il proprietario di poterci accampare in un bel prato verde appena tagliato. Nella vicinanze c’è il fiume e una piccola sorgente. Purtroppo il trek è finito e le rilassanti e tranquille serate sono terminate. In serata vediamo una luminosa via lattea (T=20°C).
Venerdì, 13 Agosto ’99. Wanlah (3.400mt) – Lamayuru (3.850mt); 3h – 11 km
Questa è l’ultima tappa del nostro trekking. Prima di metterci in viaggio andiamo a visitare il monastero. Purtroppo lo troviamo in uno stato di semi abbandono, fatiscente e non c’è nemmeno un monaco. Alle 8.15 ci mettiamo in marcia verso l’ultimo passo da affrontare prima di raggiungere la nostra meta: Lamayuru. Il sentiero prosegue risalendo il torrente sulla riva dx, alle spalle del camping. Dopo 1/2h incontriamo un nucleo di case e un ponte, lo attraversiamo e ci portiamo sulla riva sx del torrente. Poco oltre troviamo un chorten e diversi muri mani. Svoltiamo bruscamente a dx e ci immettiamo in un canalone. La stretta gola è squallida e non ti permette di vedere niente; abbastanza monotona. Gli ultimi 150 mt si fanno più duri e il sentiero segue con diversi zig zag. Alle 10.15 giungiamo al passo Prinkiti La (3.725mt). La vista è magnifica: una spettacolare valle con montagne dorate. Rapida discesa sul letto di un secco torrente. Incontriamo un chorten e girando il nostro sguardo a sx, Lamayuru ci appare in tutto il suo splendore: magicamente arroccato sopra un’altura. Il più vecchio monastero del Ladakh è davanti a noi, dopo aver percorso 340 km a piedi. Il paesaggio circostante è meraviglioso: verdi salici, campi d’orzo maturo, rosse e gialle montagne. Il camping è sopra al villaggio, vicino alla camionabile. Decidiamo di piazzare per l’ultima volta le nostre tende e troviamo un campo vicino al Dekung Labrong Restaurant. Qui troviamo anche Angela che ci accoglie con baci e abbracci. Nel pomeriggio visitiamo il monastero. I muri sono affrescati con scene che ispirano serenità e pace alternate a pitture raffiguranti sanguinosi draghi e demoni. La giornata è bella con una leggera brezza e un cielo blu cobalto. Ceniamo presso il ristorante con birra a volontà per festeggiare la gloriosa impresa.
Abbiamo terminato il trekking e, certamente, la parte più interessante del nostro viaggio. Ci rimane ancora una settimana prima di rientrare in Italia. Raggiungiamo con un viaggio di 6 ore, su di un autocarro carico di sacchi di patate, la capitale del Ladakh: Leh. Qui ci fermiamo per riposarci dalle fatiche del trekking per quattro giorni. Trascorriamo questo periodo visitando la splendida cittadina ed i monasteri che si trovano nelle vicinanze (Rizong, Alchi, Likir, Hemis, Matho e Tikse). Leh è situata su di un verde altopiano formato dal fiume Indo a 3.500 metri di altezza E’ una piccola città con strette vie che si intersecano, e una strada principale che conduce al vecchio palazzo del Rajah del Laddak, costruito nel 1553. Anticamente un re ha fatto costruire in questo luogo 108 chorten posti in fila (il numero 108, che è anche il numero dei volumi della bibbia Buddista, è sacro sia per la religione Induista che per quella Buddista). Il 18 di agosto ripartiamo verso l’Italia. Le coincidenze tra un volo ed il successivo ci permettono di visitare Delhi e, successivamente, Amman, capitale della Giordania.
Riflessione:
Non è facile tradurre in parole le esperienze fatte e soprattutto le innumerevoli emozioni provate durante il viaggio. Certamente ho avuto l’impressione di essere stato tra gli ultimi testimoni di una cultura e di un mondo che è destinato a scomparire. In Tibet, dopo l’invasione cinese, la cultura tibetana è quasi scomparsa. Solamente le remote regioni del Mustang e del Dolpo nel Nepal e lo Zanskar in Ladakh hanno potuto conservare le loro antiche tradizioni. Penso che i turisti contribuiscano, sia pure involontariamente, a cambiare, nel bene e nel male, il modo di vivere di queste popolazioni. Questa mia considerazione non deve essere interpretata come un invito a non visitare questi luoghi, anzi solamente conoscendoli si possono capire ed amare. Vuole essere piuttosto un invito a visitarli in "punta di piedi". A non ostentare un fin troppo facile "benessere" nei confronti di persone che hanno sempre vissuto, ed ancora vivono, con le scarsissime risorse che la natura offre loro. Anche le difficili condizioni climatiche contribuiscono al quasi isolamento degli abitanti. I bambini, ad esempio, frequentano le scuole solamente nei mesi estivi, perché durante la lunga stagione invernale tutta la popolazione è costretta a vivere chiusa in casa. Molto rari sono anche i contatti tra gli abitanti dei vari villaggi a causa della difficoltà dei percorsi e delle distanze. I fiumi ed i torrenti, che noi abbiamo attraversato, nei mesi invernali sono completamente ghiacciati e vengono utilizzati come "strade" dagli abitanti, per abbreviare il tragitto da un villaggio all’altro. Un altro aspetto molto interessante di questo viaggio è stato il pellegrinaggio da un monastero ad un altro. Anticamente questi servivano solo come rifugio per i monaci itineranti, durante la stagione delle piogge. Successivamente divennero abitazioni stabili. È impressionante notare come tanti oggetti che noi occidentali consideriamo solo rifiuti, come barattoli vuoti, scarpe rotte e molti altri, siano invece gelosamente recuperati e considerati una ricchezza da chi vive in questi posti. Concludendo queste mie riflessioni di viaggio, penso che tutti coloro che intendono avvicinarsi a luoghi così unici e incontaminati, devono comportarsi non come turisti, bensì come viaggiatori amanti dell’avventura e sempre rispettosi di ogni realtà incontrata. Cercando, per quanto possibile, di adeguarsi al modo di vivere di questi popoli. Comportandoci in tale modo certamente non arresteremo la fine di questa cultura, ma sicuramente rallenteremo la sua estinzione.
Scheda Zanskar Trek:
I km totali da percorrere sono 340 e ci sono ben 9 passi da superare. La prima parte del trek, dal punto di vista paesaggistico è risultata nelle prime tappe monotona, ma dal punto di vista religioso, è la parte meglio conservata e più interessante. La seconda parte del trek è quella più conosciuta e per questo la più frequentata. I vari simboli della religione tibetana risultano trascurati. Sicuramente è l’itinerario più bello dal punto di vista alpinistico: scenari magnifici con montagne e canyon da mozzafiato. La via è ben battuta e riconoscibile, non c’è possibilità di perdersi. Le maggiori difficoltà di questo trek risultano essere: la quota e gli innumerevoli guadi da attraversare. Nel complesso si è rivelato molto curato e non pericoloso, se le condizioni atmosferiche sono uguali a quelle incontrate da noi. Altrimenti essendo la zona un deserto ad alta quota, dove per la maggior parte il sentiero è a mezza costa ed esposto, se piove potrebbero verificarsi delle frane. I nostri tempi sono sempre stati piuttosto rilassati, camminate tranquille che hanno permesso di guardarsi attorno, fare foto, godersi i meravigliosi panorami. In generale nessuna tappa si è rivelata stravolgente dal punto di vista fisico.
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